Reiki Roma

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Reiki e Meditazione: perché il legame è imprescindibile

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A molti maestri Reiki, miei colleghi, vorrei chiedere come possono proporre, insegnare e praticare Reiki senza l’ausilio di un lavoro di crescita energetica dell’individuo e innalzamento della vibrazione.

Forse qualcuno non sa nemmeno di cosa stia parlando…
Probabilmente senza un po’ di esperienza nell’ambito della meditazione il concetto stesso di vibrazione personale e innalzamento dello stato di coscienza non ha significato…

Ma se si ha avuto occasione almeno una volta di praticare un trattamento Reiki dopo una meditazione di almeno mezz’ora, non si può non aver notato differenze sostanziali.

Innalzare il proprio stato di coscienza attraverso la meditazione equivale a ridurre la distanza fra Rei e Ki, fra la dimensioni terrena e quella spirituale, fra mente, cuore e anima.

Attraverso la meditazione si incrementa la capacità di Sentire con il Cuore, di intuire, di restare in contatto profondo con se stessi e con il ricevente, si purifica il canale attraverso il quale scorre Reiki per giungere alle mani (e quindi si potenzia notevolmente il trattamento).

Senza ipocrisia dobbiamo affermare che, in funzione del proprio stato di coscienza, ogni operatore Reiki è differente dall’altro, ma non solo: è sostanzialmente differente da se stesso da un momento all’altro. (Una facile dimostrazione la si ottiene notando la differenza fra un autotrattamento e un trattamento ad altra persona o facendo caso all’autotrattamento praticato durante un periodo di malattia o sofferenza, momento in cui il proprio stato vitale è meno elevato).

Praticare Reiki senza abbinarlo alla meditazione e a un lavoro evolutivo dell’energia personale equivale a praticare Reiki con il freno a mano tirato: se lo hai sempre fatto, potresti non accorgerti nemmeno del limite che stai ponendo.

Ritengo che le facoltà intuitive e spirituali, per altro, non siano optional in un buon trattamento, bensì un’intenzione che ogni buon operatore e praticante deve avere.

La meditazione acuisce la presenza a sé e la centratura, evitando che l’operatore possa trasformare un trattamento Reiki in pranoterapia… Cari colleghi, come se ne può fare a meno? – Marco Cattaneo

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